Il Governo Meloni starebbe studiando un espediente per sostenere il sistema previdenziale e garantire la conferma della formula 62 anni di età più 41 di contributi anche nel 2024. Si tratterebbe di limitare le rivalutazioni delle pensioni medio-alte, poiché il costo dell’adeguamento all’inflazione degli assegni sarebbe troppo elevato per le casse dello Stato. Questa decisione, però, andrebbe a gravare sulle famiglie italiane, che continuano a subire l’aumento dei costi della vita.
Il nuovo taglio alle rivalutazioni delle pensioni riguarderebbe quelle superiori a quattro volte il minimo Inps, dopo quello già applicato nella Manovra 2023. Dal gennaio scorso, infatti, l’Inps ha adeguato gli assegni e le prestazioni assistenziali all’inflazione, ma solo per coloro che nel 2022 avevano percepito un importo inferiore o uguale a 2.101,52 euro. Questi beneficiari hanno ricevuto una rivalutazione del 100%, pari a 153 euro in più sulla pensione.
Tuttavia, per chi riceve importi superiori, la rivalutazione è stata progressivamente ridotta in proporzione all’importo percepito. Coloro che hanno un reddito da pensione compreso tra quattro e cinque volte il minimo lordo hanno avuto un adeguamento dell’85%, mentre per assegni compresi tra cinque e sei volte il minimo è stato del 53%. Per gli importi tra sei e otto volte il minimo è stata del 47%, fino al 32% per le pensioni superiori a dieci volte il minimo.
Questo meccanismo di adeguamento comporterebbe una spesa totale di 13 miliardi di euro per lo Stato, una cifra insostenibile per il Governo. Per questo motivo, è previsto un taglio alle rivalutazioni delle pensioni, insieme a una revisione dell’Ape Sociale e dell’Opzione donna.
La promessa di aumentare le pensioni minime dai 600 euro attuali ai 1000 euro di fine legislatura sembra essersi tramontata. Al momento, l’ipotesi al vaglio del Ministero dell’Economia sarebbe un incremento della rivalutazione degli assegni minimi da 650 a 670 euro, ma tutto è ancora da valutare.
Di fronte a questa prospettiva di un taglio ulteriore delle rivalutazioni, la Confederazione italiana dei dirigenti e delle alte professionalità (Cida) ha deciso di intraprendere azioni legali contro il Governo. Anche la Uil ha avviato un percorso analogo per protestare contro questa decisione che colpisce circa 3 milioni e mezzo di pensionati, presa in un momento di forte crescita dell’inflazione.